FEEL THE GAME

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  1. goalfingers
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    Grazie a Foxtrone, che ha suggerito degli auricolari da smartphone, ho potuto finalmente apprezzare lo slogan citato negli spot di fifa15.
    Incredibile ma vero, non avevo ancora inserito auricolari stereo nella pad. Farlo mi ha aiutato ad uscire dalla realtà, ad isolarmi ed “entrare” nel game, quasi fisicamente. Forse avrà aiutato il buio in cui ero stato abbandonato nel soggirono, forse ha contribuito qualche aggiornamento scaricato proprio ieri, forse quei tre punti scalati alle slide della cpu per passaggi, velocità e controllo di prima. Soprattutto deve aver aiutato il fatto che ho ormai escluso la telecronaca, ma una cosa è certa: ho sentito il gioco!
    Devo dire che l’ambience su un campetto di quelli irlandesi avvicina molto al campo. Si sentono benissimo il tocco del pallone, le voci dalla panchina e ovviamente la partecipazione del pubblico. Veramente riuscita l’ulutato di delusione quando un promettente contropiede sfuma, ma una delle sensazioni più efficaci è stata quando …ho preso un gol ;) .
    Infatti quando si gioca in casa, se l’azione degli avversari si fa pericolosa, i tifosi si ammutoliscono, la paura si fa palpabile e nel silenzio ho sentito il colpo secco del calcio al pallone, quell’indefinibile attimo di sospensione che accompagna la traiettoria e poi ….FFFRRRRRR…. la palla che scuote la rete tra la delusione generale…
    È stato tutto così reale, che ho voluto provare qualcosa che quest’anno non avevo ancora fatto: sono sceso all’Olimpico con la mia Roma….
    Alla prima schermata con lo stadio illuminato dal sole, lo schermo che a sua volta accendeva il soggiorno, i cori e tutto il resto… ho capito che ero stato colto dal primo FIFA-ATTACK della stagione.
    Mentre le squadre facevano il loro ingresso, iniziavo un viaggio nel tempo, verso una domenica di tanti anni fa, alla mia prima volta all’Olimpico. Era ancora quello di marmo bianco e senza copertura… con le sedute in panche di assi in legno verniciato di verde. Io ero ancora al di fuori… il sole splendeva e mi è sembrato di riconoscere i profumi di una domenica di ottobre, la lana di una giacca sulla manina di un bambino di sei anni. I ricordi si son fatti in HD

    La prima volta ti senti importante. Ne avevi sentito solo parlare. Avevi visto tante volte tuo padre in poltrona guardare la partita in tv, mentre la mamma ti chiedeva di non disturbarlo. Pensavi di non capire bene cosa ci fosse di tanto interessante. Insomma, pensavi fosse roba da grandi, e te ne stavi lì buon buonino, a giocare in silenzio, vicino a lui.
    Poi, una mattina di una domenica assolata qualunque, di un autunno che credevi qualunque, l’annuncio solenne: “oggi ce ne andiamo io e te da soli: andiamo allo stadio!”
    A scuola sapevi di qualche compagno entusiasta, ma in cuor tuo temevi il rischio di annoiarti. Pur di non rovinare quella giornata da trascorrere solo con papà, non l’avresti mai ammesso, per non deluderlo, per averlo tutto tuo, proprio ora che ti portava tra i grandi.
    Certo non era la prima volta che uscivate insieme, ma andare allo stadio … ah, bè, quella era tutt’altra cosa! Lo sentivi come un’iniziazione. Finalmente anche tu a scuola avresti potuto dire: “Papà ieri mi ha portato allo stadio …”
    Quindi fotogrammi: prima il pranzo mentre la mamma vi guarda, poi i saluti (ciao mamma – comportati bene), i panini (se viene fame - un boccone ci vuole sempre), il cappellino (non si sa mai), l’ombrello (se piove – con questo sole?) e la sciarpa (se fa freddo- a ottobre?). E poi via, in macchina.
    Una volta parcheggiata, tra mille altre, con la mano stretta al papà, ci si unisce a quella moltitudine di persone che marcia frenetica, verso un’unica direzione comune, come ipnoticamente attratti.
    Si danno tutti del tu: “daje dottò, che oggi je la famo!” Anche il posteggiatore aveva dato del tu a tuo padre, come l’avesse sempre conosciuto. “Venghi dottò, che qua c’è posto”.
    Poi il botteghino, una specie di gabbiotto verde incastrato nella recinzione di quello che ormai pareva un immenso tempio pagano, di fronte al quale ci si spingeva mente ogni tanto si avvicinava qualcuno chiedendo: “biglietti dottò?”. -Lo conoscono proprio tutti papà!-
    il tempio intanto pulsa. Visto da fuori sembra respirare, anzi ansimare o addirittura ruggire, mentre ci si addentra come nella bocca di un mostro, salendo la lingua di scale. E man mano ci si inoltra verso il brusio di una folla ancora solo intuita, brusio squarciato dal grido incomprensibile del ritornello “Nòcciolineeee, fuuusajeeee, càffffè borghéttiiii….!”
    Basso com’è basso un bambino, sbirci senza neanche intuire cosa ci sia oltre quella massa umana. Poi al culmine della scalinata, come usciti da un tunnel, la folla si apre e si divide: finalmente la luce. Eccomi, affacciato improvvisamente su un mondo imprevisto di colori e bandiere. E poi i cori. La cornice del quadro più bello che abbia mai visto: un prato immenso, verdissimo, splendente al sole.
    Ci si muove sulle gradinate, cercando uno spazio. - “Venghi dottò, venghi. Qua c’è posto pure per fijolo”. - Papà è uno importante a cui riservano pure il posto (?).- Poche parole, i giornali spartiti, un sorso d’acqua e poi una musica. Quell’applauso improvviso verso il cielo.
    “Per la prima giornata di Serie A scendono in campo… “
    All’ingresso in campo delle squadre la folla applaude festosa, una musica inneggia e parte un coro tutt’intorno.
    Tutti in piedi mentre una voce lontana, elenca dei nomi:
    e poi ancora applausi e cori…
    Come in un rito di chiesa, entrati i sacerdoti, tutti accennano a sedersi su quelle panchine di legno, scomode e simpatiche. Ma dura poco. Le maglie colorate si muovono sul prato e quando si avvicinano alla porta, in molti si alzano e nascondono il mondo. Quando torna la luce, si mugugna, qualcuno grida qualcosa.
    La scena si ripete, delle urla, poi canti e ancora sussulti, e quelle teste che ondeggiano e si sollevano, e poi magari una voce delusa che sale dal pubblico, tutt’intorno…
    Lo stadio mormora e a tratti rantola, ringhia e ruggisce.
    Forse ne intuisci il motivo ma in realtà è tutto nel mistero di quella passione, di quella tensione, che ti sta azzannando.
    Come se il vero mostro fosse un altro, invisibile, e ti stesse già divorando, letteralmente sbranando un morso dopo l’altro, contagiato come da malattia, ormai mutilato di ogni inibizione, ad un momento imprecisato sei già parte di quel tutto, tu nella la folla e tuo padre, esemplare in ogni occasione, è pure lui con te, come te.
    Alcuni si sollevano e si risiedono.

    Ad un tratto come un vento, un sospiro, non sai cosa ma qualcosa, sembra di correre, col prato lì davanti, una corsa sfrenata che toglie il fiato. Il padre solleva il figliolo, ora lo tiene in braccio per farlo vedere meglio.
    Le squadre oscillano, prima in un senso, poi nell’altro, e poi di nuovo, si ripetono in quella danza ossessiva.
    Le maglie colorate ora sono sotto di noi, si muovono frenetiche e la palla schizza, il silenzio gela, ma dura un attimo.
    Poi un urlo mai udito, un boato, un’esplosione, un salto, le braccia, i pugni levati e i sorrisi, una gioia non tua, ma sì… anche tua, una festa di tutti, con tutti.
    Grandi e piccoli, uomo e bambino, padre e figlio, abbracciati, per sempre, in quel primo, magico gol.




    Al boato del pubblico ho finalmente compreso il senso dello slogan per gli spot di FIFA 15.
    Ora questo FIFA, è anche il mio FIFA!

    Ora procurati un auricolare e prova magari anche tu...
    FATTO?

    ora se ti va, raccontaci le tue sensazioni :P
    FEEL THE GAME

    Edited by goalfingers - 22/10/2014, 01:03
     
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    Che meraviglia.
    Che meraviglia.
    Che meraviglia .Racconto stupendo.

    Mitico stefano.
    Mi hai fatto rivivere la prima allo stadio con mio papa'.
    Primavera 1972.
    Brescia lazio 4-0
    Era la lazio di maestrelli,wilson,chinaglia.
     
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    Che bel personaggio che sei Stefano, è sempre interessante leggerti.
     
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  4. goalfingers
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    condividere le sensazioni con voi è parte del mio gioco. vi ringrazio e spero partecipiate sempre piu
     
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    Caro Stefano, io non ti conoscevo, ma con questo racconto mi hai emozionato davvero tanto. Bellissimo, complimenti!
     
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  6. Trabateo
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    Ci si muove sulle gradinate, cercando uno spazio. - “Venghi dottò, venghi. Qua c’è posto pure per fijolo”. - Papà è uno importante a cui riservano pure il posto (?).

    :)
     
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  7. goalfingers
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    CITAZIONE (Trabateo @ 22/10/2014, 13:54) 
    Ci si muove sulle gradinate, cercando uno spazio. - “Venghi dottò, venghi. Qua c’è posto pure per fijolo”. - Papà è uno importante a cui riservano pure il posto (?).

    :)

    ^_^ ovviamente mio padre era uno qualunque in quella curva, anzi meno, visto che andava allo stadio ogni morto di papa... ma per me era un meraviglioso papà che tutti stimavano e conoscevano... dovetti crescere un pò per capire che un "venghi dottò", a Roma non si negava a nessuno :rolleyes:

    allora fu lo stesso bellissimo :D
     
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6 replies since 21/10/2014, 18:07   71 views
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